Analisi e commenti- UFFICIO NAZIONALE DEL GARANTE  DELLA PERSONA DISABILE ONLUS

Analisi e commenti

IVA agevolata sulle auto anche con documenti presentati dopo l’acquisto.

Risposta Interpello n. 69 dell’1 febbraio 2021.
 

L’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 (decreto Iva) regola i casi in cui, sia avvenuta una variazione dell’imponibile o dell’imposta a causa di eventi che modificano il rapporto già concluso oppure se vi siano stati errori nella fatturazione, registrazione o liquidazione dell’imposta.

Le variazioni possono essere in aumento o in diminuzione; le prime (articolo 26 comma 1) sono sempre obbligatorie, le seconde (articolo 26 comma 2) sono facoltative e possono essere effettuare soltanto in casi ben determinati, generalmente per vizi originari sopravvenuti, in clausole contrattuali o per espressa norma di legge come in caso di fallimento.

Con la risposta all’interpello n. 69 dell’1 febbraio 2021 l’Agenzia delle Entrate ha applicato la disposizione dell’articolo 26 comma 2 e, cioè, variazione in diminuzione, al caso di una persona disabile con handicap grave che aveva acquistato un autovettura senza chiedere l’applicazione delle agevolazioni di legge previste, in particolare, per quello che qui interessa, l’aliquota Iva ridotta del 4%, in quanto era in attesa di ricevere la documentazione idonea.

Con la circolare n. 197 del 1998, l’Amministrazione finanziaria aveva chiarito che la documentazione necessaria per potere usufruire della predetta agevolazione doveva essere prodotta al momento dell’acquisto.

Con la risposta ad interpello in esame, invece, l’Agenzia “apre” alla possibilità di presentare la documentazione anche successivamente e potere così usufruire dell’agevolazione anche nel caso in cui la cessione, ai fini Iva, sia da considerare conclusa, a condizione, però, che i requisiti previsti dalla legge esistessero già al momento dell’acquisto.

A tale scopo occorre che il cedente (venditore) applichi quanto previsto dall’articolo 26 comma 2 e cioè che effettui una variazione in diminuzione e possa così rimborsare la differenza dell’imposta all’acquirente in possesso della documentazione prevista dalla legge.

Tuttavia, occorre sottolineare che il venditore non ha l’obbligo di effettuare tale variazione ma soltanto la “facoltà”, ed in ogni caso tale variazione deve essere effettuata entro un anno dal momento della cessione, come previsto dall’articolo 26 comma 3 del d.P.R. 633/72.
Ove, come nel caso sottoposto ad interpello, dovesse essere trascorso un anno, l’Agenzia delle Entrate, nella sua risposta ricorda che il cedente (venditore) ha sempre la facoltà di potere comunque richiedere il rimborso dell’imposta pagata in più, ai sensi dell’articolo 30-ter d.P.R. n. 633/72, introdotto dall’articolo 8 della legge 167 del 2017, entro due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto per la restituzione, così da poterla rimborsare al cessionario (acquirente).

                                                                                                                         Ettore Trizzino

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Adempimenti per il consenso alla somministrazione della vaccinazione contro il covid 19 e consenso informato per pazienti interdetti, inabilitati e sottoposti ad amministrazione di sostegno.

Anche il Tribunale di Palermo, con nota del 7 gennaio 2021, si è espresso in merito agli adempimenti per il consenso alla somministrazione della vaccinazione contro il Covid 19 e consenso informato per pazienti interdetti, inabilitati e sottoposti ad amministrazione di sostegno. Sulla base del Decreto Legge 5 gennaio 2021 art. 5, il consenso alla somministrazione del vaccino anti Covid 19 (e agli altri trattamenti sanitari) è comunicato per mezzo del tutore, curatore o amministratore di sostegno, ovvero del fiduciario (Legge 219/2017 art. 4) nel rispetto della volontà del soggetto incapace dove già espressa o quanto presumibilmente avrebbe espresso. Nel momento in cui la persona incapace non abbia formulato disposizioni anticipate di trattamento , o non vi siano familiari fino al terzo grado di parentela, o non siano stati reperiti, o ancora non abbiano voluto esprimere la volontà dell’interessato, il direttore sanitario della struttura in cui è ospitato o il direttore sanitario dell'ASL territorialmente competente sono chiamati ad inoltrare via pec il modulo di consenso, al fine di ottenere la convalida entro 48h o di attendere comunque il decorso di tale termine. In questi casi, il direttore sanitario dovrà fare ricorso al Giudice Tutelare, al quale vanno allegati i documenti comprovanti la sussistenza dei presupposti, quali l’incapacità del soggetto di esprimere la sua volontà e la situazione familiare nel caso in cui manchino i parenti fino al terzo grado di parentela per esprimere il consenso. Risulta, pertanto, importante che i soggetti abilitati a prestare il consenso informato sono: gli interessati da soli nel caso in cui siano capaci di intendere e di volere; gli interessati assistiti da amministratore di sostegno, tutore o curatore nel caso di limitazione della capacità naturale; l’amministratore di sostegno e tutore in caso di sostituzione necessaria nelle scelte mediche stabilita nel decreto di nomina o decreti integrativi successivi; i Direttori Sanitari o i responsabili medici delle RSA e in loro assenza i Direttori Sanitari delle ASL (ATS) o i delegati di questi ultimi in caso di incapacità naturale degli interessati privi di sostegno o tutela o di irreperibilità dell’amministratore o tutore. Risulta altrettanto importante che in caso di dissenso dei parenti, il direttore sanitario della RSA o dell'ASL può richiedere, con ricorso al Giudice Tutelare, di effettuare comunque la vaccinazione, nel pieno rispetto del fondamentale diritto dell’individuo della tutela alla salute (art. 32 Cost.).

                                                                                                                                             Ilaria Falliti

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La Chiesa ha l'obbligo di rendere accessibili i luoghi di culto


Tutte le persone, disabili e non, devono potere accedere autonomamente ai luoghi di culto.

L’obbligo nasce da una precisa disposizione normativa, vale a dire il Decreto Ministeriale 236/89, che all’articolo 3, punto 3.4, lettera d), dispone che“nelle unità immobiliari sedi di culto il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata ai fedeli per assistere alle funzioni religiose è accessibile”. E successivamente il punto 5.4 testualmente prevede che i luoghi per il culto debbano avere “almeno una zona della sala per le funzioni religiose in piano, raggiungibile mediante un percorso continuo e raccordato tramite rampe.

A tal fine si devono rispettare le prescrizioni di cui ai punti 4.1., 4.2, 4.3, atte a garantire il soddisfacimento di tale requisito specifico

I parroci dovrebbero astenersi dall’organizzazione all’interno del luogo di culto di eventi vari o riunioni aperte a tutti (incontri culturali in genere, spettacoli di musica sacra, presentazioni di libri e altro ancora), fino a quando la chiesa non sia accessibile a tutti (persone disabili e non disabili), Altrimenti si rimarcherebbe un forte momento di disattenzione verso il principio di parità di trattamento e si realizzerebbe un comportamento apertamente discriminatorio, oggi sanzionato dalla Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, e conclamato dalla giurisprudenza in materia.

In mancanza si potrebbe anche ricorrere all’Autorità Giudiziaria,per la rimozione forzata della barriera architettonica.

L’handicap non nasce con la persona con deficit, ma è solo il frutto dell’impatto tra la condizione di disabilità e la struttura sociale in cui si vive.

La Chiesa come istituzione non può comportarsi come il comune Cittadino, normalmente disattento al disagio della persona con deficit.

Essa infatti, a prescindere dalla sua funzione istituzionale proiettata verso l’accoglienza di tutte le persone che intendono frequentare il luogo di culto,deve riconoscere a tutti, disabili e non,il diritto a condurre una vita indipendente” anche sul piano della propria professione di fede.

Se non favorisce, quindi, l’accessibilità generalizzata ai propri luoghi di culto, finisce per realizzare un comportamento diametralmente opposto, diretto alla non accoglienza e all’emarginazione.

Non vi è dubbio, in tal senso, che in questi casi la persona con disabilità motoria venga privata della possibilità di professare e partecipare alle varie funzioni religiose.
E' fortemente auspicabile che una persona in carrozzina o comunque con seri problemi motori non debba
rinunciare a presenziare alla celebrazione di matrimoni, battesimi, cresime, funerali di parenti o amici, perché il luogo di culto in cui si svolgono tali funzioni è di fatto inaccessibile.
                                                                                                                                                                                                                                                                              Salvatore Di Giglia
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