I CARE GIVER FAMILIARI VANNO TUTELATI COME BENE COMUNE NON CERTAMENTE VESSATI O SVILITI NELLA LORO DIGNITA’.

Viene da chiedersi come ha fatto la Regione Lazio a fare la circolare con quel questionario rivolto ai care giver, per fortuna ritirato di gran corsa. L’Ufficio auspica che il citato questionario venga prontamente modificato e nelle more venga disapplicato nell’intero territorio nazionale. 

Quando la burocrazia Italiana si occupa di specifiche tematiche legate alla materia di disabilità, per la scarsa propensione a trattare questa materia,  generalmente ricerca qualcosa a cui conformare la propria prassi che sia stata già utilizzata da qualche altro ente pubblico interno (Regione) o esterno (Paese straniero).

       Questa operazione di rinvio o di assimilazione, tuttavia, deve sempre essere preceduta da una approfondita analisi dei diversi contesti e da uno studio comparativo serio ed  attento, mai in modo semplicistico.

        Se non si adottano questi rigidi  criteri e modalità di analisi del contesto, si verifica ciò che è accaduto nella Regione Lazio che, ai fini della verifica dei risvolti legati al carico del care giver nell’assistenza di un familiare con disabilità, ha conformato un proprio questionario al  Caregiver Burden Inventory (Novak M. e Guest C., Gerontologist, 29, 798-803, 1989), vale a dire ad un questionario self-report utile alla valutazione dello stress assistenziale specifico per il caregiver principale di persone colpita da malattia di Alzheimer e altri disturbi neurocognitivi maggiori o minori, proponendone in via generalizzata ed in prima battuta  ( vale a dire per ogni disabilità e per ogni dimensione dello stress, suddivisa dallo studio “Burden” in 5 sezioni) la somministrazione a tutti i care giver della Regione.

        Cosicchè i comuni  Laziali sono stati chiamati – attraverso linee guida della Regione –  a somministrare questo questionario che, in alcune parti richiedono al care giver di rispondere,  assegnando un punteggio da 1 a 4 ai fini della valutazione del suo grado di insofferenza,anche a  questo tipo di domande:

1) quanto ti vergogni di tuo figlio o del tuo familiare disabile?; 2) Quanto risentimento provi nei suoi confronti?; 3) Quanto non ti senti a tuo agio quando hai amici in casa? 4) Senti che stai perdendo vita?. 

        Sulla base di quanto sopra riportato, mantenendo ferma la terminologia anglosassone e rifacendoci a quella latina che maggiormente si attaglia al caso concreto, sembra che il burocrate di turno  abbia orientato la sua azione ad mentulam canis, perchè non ha tenuto assolutamente conto della specificità di quello studio che riguardava le persone con Alzheimer e che alcune domande riportate nel questionario non potevano obiettivamente essere estese a qualsiasi contesto e ritenute valide per ogni condizione di disabilità. Con l’effetto che i familiari, a ragione, non appena a conoscenza di tale questionario, si sono sentiti offesi, umiliati e sviliti nelle loro funzioni e nella dignità di genitori o familiari.

Si potrebbe anche ammettere che nello specifico questa parte di questionario, che di per sé mal si concilia con lo scopo a cui era diretta, vale a dire alla distribuzione ai care giver di risorse finanziarie per la disabilità, sia stato associato anche allo scopo di “intercettare” eventuali situazioni di elevati ed incontenibili stati di stress da parte del care giver. Se così fosse, bisogna anche chiedersi se in tal caso fosse stato pronto  e disponibile  qualche Ufficio della P.A. del sociale o sanitario a prendere in carico l’assistente familiare e nel contempo salvaguardare ogni altra necessita dell’assistito in assenza del familiare.

La risposta, per lo stato in cui versa la P.A. Italiana, non può che essere negativa e questo rimarca il carattere superfluo, se non addirittura dannoso, di questo strumento di valutazione multidimensionale. Lo Stato, infatti, ha già grandi difficoltà a garantire l’assistenza alla Persona con disabilita grave o gravissima, figuriamoci se possa apparire capace di prendersi cura delle esigenze dei care giver e del loro stress assistenziale.

Conclusioni: L’Ufficio plaude oggi alla Regione Lazio, non certo per avere adottato la circolare volta alla distribuzione generalizzata di tale questionario, ma perchè a seguito delle molteplicita di contestazioni ricevute ( anche dai sindaci laziali che si sono rifiutati di inviare il questionario in disamina) ha avuto la prontezza di tornare sui suoi passi e sospendere l’applicazione della  circolare medesima. Sarebbe anche il caso di verificare se il dirigente preposto abbia le adeguate competenze per rimanere a quel ruolo e funzioni. Invero, la materia della disabilità in Italia, deve cominciare ad essere trattata dalla Pubblica Amministrazione in modo prevalente con l’apporto di funzionari esperti ed in parte già formati sulle diverse angolature della materia. Mai queste figure devono essere sostituite mediante azioni di surrogazione con altri colleghi inappagati a vario titolo o che siano stati disinseriti da altre sezioni della  medesima struttura. In tal modo le cose non potranno mai migliorare. (sd)

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